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Vorrei amarla, Suada, mi sembra che potrei, se soltanto mi sorridesse, ma l’ho troppo aspettato, questo sorriso, per non essermi accorto che proprio non sorride o, anzi, che sorride a rate, periódicamente, un po’ dal lato sinistro delle labbra e un po’ a destra, oppure con il labbro superiore prima, e quello inferiore dopo, e soltanto con questa o quella parte delle labbra, tutto il resto del viso e del corpo non sorride neppure in parte; non sa sottoridere, insomma. O non ne ha nessun motivo, povera Suada.
Gliel’ho detto, stupidamente, e da allora non sorride affatto, assolutamente, o tutta quanta, dalla radice dei capelli alle piegoline degli occhi, sinistriere e destriere, con tutti i muscoli facciali, e i denti che le sussultano allora attorno alla sottolingua. Eccessivamente, sorride allora, e non convince neppure se stessa.
Dimentica, Suada, dimentica ciò che ti ho detto io e, soprattutto, ciò che ti hanno detto tutti; non ci pensare più, a sorridere, e se ti viene da ridere, da surridere, superridere, superridi pure. Non è obbligatorio sottoridere, io non te l’ho ordinato, io non voglio che tu sottoviva. Perché sottovivi, tu?
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